Quello che le forze dell’ordine si sentono di escludere è che si tratti di un evento doloso: nessuno aveva intenzione di sparare al settantunenne che domenica nel primo pomeriggio è stato raggiuto da un proiettile mentre era in auto a Santicolo, appena fuori dall’abitato.

I carabinieri, agli ordini del capitano Filiberto Rosano, stanno mappando il mondo dei cacciatori che potevano trovarsi domenica pomeriggio in zona e indagando tra i possessori di armi nelle vicinanze. Il sospetto è che qualcuno possa aver fatto partire accidentalmente un colpo. Non è escluso infatti che il proiettile, esploso a diverse centinaia di metri di distanza dalla strada, possa essere di un fucile da caccia oppure appartenere a qualcuno che stava maneggiando un’arma.

L’uomo, originario di Braone, aveva da poco finito di pranzare a casa della compagna a Santicolo; ora è ricoverato in terapia intensiva all’ospedale Civile di Brescia, ma le sue condizioni starebbero migliorando, non sarebbe in pericolo di vita tanto che i medici stanno valutando un intervento. Il proiettile ha raggiunto il 71enne alla schiena, trapassando la fiancata sinistra dell’auto.

L’uomo ha rallentato e accostato, poi si è accasciato facendo temere alla donna, che era al suo fianco, che si trattasse di un malore. Mentre stava contattando i soccorsi, si è resa conto dapprima che sul sedile c’era del sangue e, una volta scesa dal mezzo, ha notato il foro nella portiera. Via Schivardi, dov’è avvenuto il fatto, è una strada comunale che corre in mezzo ai prati, a qualche centinaia di metri dal paese.

Le indagini sono condotte dai carabinieri di Breno ed Edolo. Sull’accaduto è intervenuta ieri la Lac, la Lega per l’abolizione della caccia, che in una nota parla di «un’altra atroce vicenda che ha sollevato il velo di omertà che copre molti di questi episodi di quella che è ormai una vera emergenza nazionale».

L’associazione punta il dito contro l’attività venatoria: «Le doppiette rappresentano un autentico problema di ordine pubblico, la potenza delle armi usate (carabine con gittata chilometrica) rende la caccia agli ungulati (e tra queste la braccata al cinghiale) la più pericolosa in assoluto».

Secondo la Lac «sono ormai diventati troppi i privilegi a favore di questa minoranza armata, complessivamente scesa a circa 465.000 in Italia e non così amata dall’opinione pubblica. Ci sono norme troppo permissive e pericolose.

I permessi per la detenzione di armi da caccia dovrebbero essere rinnovati non più ogni cinque anni – come stabilisce l’attuale normativa – ma ogni tre sino al compimento del 65° anno d’età e con cadenza annuale fino al 75°, al compimento del quale il cacciatore deve essere obbligato ad appendere la "doppietta" al chiodo». La Lac rircorda infine di aver inviato lo scorso 29 ottobre, insieme ad altre associazioni, «un appello al Parlamento sugli "incidenti" di caccia che sono ormai diventati un’emergenza continua chiedendo un giro di vite per limitare lo strapotere delle doppiette e per tutelare i cittadini. Tra le misure richieste vi è l’introduzione del divieto di sparare la domenica, giornata in cui famiglie e bambini frequentano campagne e boschi».

dal giornale online: giornaledibrescia.it – Valcamonica
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