Quella frase le è rimasta dentro. E oggi è diventata il titolo del libro nel quale racconta il suo dramma. «Col senno di poi». «Me lo disse l’assistente sociale dopo la morte dei miei bambini. "Signora, Con il senno di poi avremmo fatto altro" mi spiegò la dottoressa che seguiva il mio caso».

Il caso è quello di Andrea e Davide, i due fratellini di 13 e 9 anni, uccisi a Ono San Pietro, in Valle Camonica, il 16 luglio 2013 dal padre Pasquale Iacovone, che prima soffocò i bambini e poi diede fuoco ai corpicini. Lo fece per vendetta nei confronti della ex moglie Erica Patti, hanno stabilito i giudici nelle sentenze diventate definitive con la condanna all’ergastolo.

EMBED [Leggi anche]«Io tutto quello che potevo fare l’ho fatto» ha spiegato davanti alle telecamere di Teletutto. «Ho chiesto aiuti a tutti gli enti. Ho fatto dieci denunce contro il mio ex marito nelle quali sottolineavo anche le minacce che lui aveva fatto nei confronti dei miei bambini. Non sono stata ascoltata. Non mi rimprovero nulla perché non avrei potuto fare altro.

Era lo Stato che avrebbe dovuto fare di più» è il pensiero di Erica Patti che domani alle 18 in Sala Libretti al Giornale di Brescia presenterà il suo libro. «Voglio arrivare a tutte le donne che subiscono violenza, ma anche alle istituzioni che tutti i giorni hanno a che fare con questi casi. Ho scritto cosa non ha funzionato» spiega prima di tornare a quel giorno di luglio di 9 anni fa. «Ho sempre pensato che lui potesse arrivare ai bambini.

Ne ero convinta, tanto è vero che il giorno della tragedia, prima ancora di sapere quello che era successo, quando sono stata chiamata avevo già capito che i miei bambini non c’erano più». Davide e Andrea dal padre andavano volentieri, anche se la madre ha sempre temuto che potesse succedere loro qualcosa.

«Purtroppo è così. Con loro era bravissimo. Per i miei bambini andare dal papà era come andare nel paese dei balocchi. Allo stesso tempo Davide il piccolo, quando lo incontrava ed era con me mi diceva: "mamma, nasconditi che sta arrivando papà". Chiudeva la porta di casa, "così se arriva papà non riesce a salire". Loro hanno sempre avvertito le tensioni». Nella nuova vita di Erica Patti dal 2019 è entrato un bambino, nato da una nuova relazione. «E mi chiedo sempre come farò a spiegargli cosa è accaduto ai suoi fratellini».

L’incubo

Nel frattempo l’obiettivo di questa mamma è quello di non far pesare la sua sofferenza al figlioletto. «Mi sono ripromessa che Riccardo non deve soffrire per la mia tragedia. Domenica scorsa la sfilata per il Carnevale è transitata davanti alla casa a Ono San Pietro dove sono stati uccisi i miei bambini. Sono passata perché mio figlio aveva il diritto di essere uguale a tutti. Prima non ci ero mai riuscita a tornare in quella via».

Dopo nove anni però la paura ha lo stesso peso del dolore. «Ancora oggi mi capita di girarmi per guardarmi alle spalle. Il mio ex marito è stato condannato all’ergastolo e spero non esca mai, ma il timore che un giorno possa uscire c’è. Perché sono convinta che il suo piano non era finito con la morte di Davide e Andrea.

Mancavo ancora io. Lui – prosegue Erica Patti – non ha mai cercato di trovare un contatto con me direttamente dopo l’arresto. Ha scritto però un paio di lettere ad un amico in comune e al posto di raccontare la disperazione di un padre che non ha più i figli, ha inveito ancora una volta contro di me. Mi sono rivolta alla magistratura per farlo smettere perché non potevo accettare che anche dal carcere lui potesse farmi male».

dal giornale online: giornaledibrescia.it – Valcamonica
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