Per capire di fronte a quale grado di infestazione siamo basterebbero due cifre: 16.500 e 1.500. La prima indica la concentrazione di fluoruri riscontrata durante il campionamento delle acque. La seconda, il limite massimo consentito dalla legge per quella stessa sostanza. E nel sito che fu casa della ex Selca – a Forno Allione, nel comune di Berzo Demo – quel limite è undici volte oltre il consentito. Sì: undici volte. Basterebbe questo, si diceva. E invece c’è molto altro.

A scandirlo nero su bianco, nella relazione dettagliata che squaderna dato dopo dato, sono i professionisti dell’Arpa di Brescia sotto la guida del direttore Fabio Cambielli. Si parla di tonnellate di veleni stipati pericolosamente all’interno di capannoni ormai al collasso.

EMBED [Leggi anche]Si parla della necessità di estendere la rete dei punti di monitoraggio non solo all’interno del perimetro della ex fabbrica, ma anche all’esterno, per scongiurare il rischio che quella contaminazione possa essersi spinta oltre. Si parla di una bomba ambientale che rischia ormai di esplodere da un giorno all’altro e di una bonifica – o quantomeno di una messa in sicurezza – che non può più essere rimandata.

Le acque

I livelli di allarme sono molteplici. Per quanto riguarda le acque, oltre al fronte fluoruri c’è il versante arsenico, che – con un valore riscontrato pari a 98 microgrammi/litro e a fronte di una concentrazione massima pari a 10 µg/l – risulta quasi dieci volte oltre i limiti di legge (9,8 volte per l’esattezza). Un quadro che, se paragonato con gli esiti dei controlli eseguiti nel 2017 e nel 2018, risulta peggiorato in modo evidente. Tanto che i tecnici dell’Agenzia puntualizzano: «Si ritiene necessario integrare la rete di monitoraggio con ulteriori piezometri».

Il perdurare dello stato di contaminazione – scrive il team di Cambielli – «richiede l’individuazione di ulteriori punti di monitoraggio all’esterno e a valle del sito su cui effettuare campionamento e analisi chimiche». Di più: vista la quantità di veleni riscontrata, «si ritiene urgente procedere alla messa in sicurezza delle acque sotterranee finalizzata a garantire il contenimento del pennacchio inquinante e scongiurare la diffusione della contaminazione verso valle».

Sacchi tagliati

Ma a preoccupare è anche la «scenografia» con la quale i tecnici si sono ritrovati faccia a faccia e che il team ha puntualmente fotografato, documentato e allegato al verbale. «All’esterno dei capannoni ed esposti agli eventi meteorici sono presenti cumuli di rifiuti contenuti in big-bags (sacconi di tela tecnica omologati) abbandonati», di cui alcuni tagliati o in avanzato stato di deterioramento. I capannoni, poi, in alcuni punti, «presentano fori da degrado e corrosione da cui fuoriescono i rifiuti contenuti all’interno».

E questo – ammonisce l’Arpa – «costituisce evidente elemento di rischio ambientale, che potrebbe aggravare la situazione di contaminazione delle matrici ambientali». Ecco perché è «indifferibile la fase di rimozione dei rifiuti abbandonati» e «necessaria l’esecuzione urgente di misure per impedire che le circostanze peggiorino». Non c’è dubbio, le parole chiave sono due: urgente e necessario.

dal giornale online: giornaledibrescia.it – Valcamonica
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