C’è un corpo che reclama la verità. E anche giustizia, se violato da un delitto. Invoca che si dissolvano i dubbi, i misteri, le ipotesi, le illazioni e i sospetti sulla sua vicenda. La scienza medica, la magistratura, le forze dell’ordine sono al lavoro per chiarire la trama e l’ordito di una storia che ha tutti gli ingredienti di un romanzo noir. Solo che la morte, il dolore, l’angoscia sono reali. E quel corpo che chiede rispetto ha la dignità, il viso e il nome di Laura Ziliani. Poche le certezze, oltre l’identità del cadavere scoperto domenica 8 agosto sull’argine dell’Oglio a Temù. La 55enne ex vigilessa del paese non è morta in un incidente e neppure è annegata nel torrente Fumeclo o nell’Oglio. Il corpo non presenta fratture, segni, lesioni interne e nei polmoni non c’è acqua.

EMBED [Leggi anche] I dubbi. Stop ai punti fermi. Almeno per ora. Quel corpo, infatti, potrà dire ancora molto grazie all’esame degli organi interni, ben conservati. Sapremo nei prossimi giorni. Se il cuore ha ceduto all’improvviso per un infarto. Se Laura è stata soffocata. Se è morta per avvelenamento: ma, in questo caso, per mano propria o di altri? Suicidio oppure omicidio? Potrebbe essere che non si arrivi mai, attraverso l’esame necroscopico, alla certezza assoluta. In ogni caso, oltre tutte le ipotesi, resta fissa la domanda: come è arrivata Laura in quella tomba improvvisata, sulla sabbia dell’Oglio, a due passi dalla pista ciclabile? Qualcuno ce l’ha portata? Chi e quando, in questo caso? Perché indossava solo gli slip e la canottiera?

Tante le domande senza risposta. Il mistero su Laura Ziliani comincia la mattina di sabato 8 maggio. La donna, che lavora in municipio a Roncadelle, vive nel quartiere Pendolina di Brescia. Nei fine settimana sale fino a Temù, alla casa di famiglia di via Ballardini 11, che ha condiviso con le figlie Silvia, Lucia e Paola e il marito Enrico Zani fino alla morte di quest’ultimo, nel 2012, quando fu travolto da una slavina. Laura ama e conosce bene la montagna. E qui entrano in scena due delle tre figlie della donna. Poco prima di mezzogiorno danno l’allarme: la mamma, raccontano, è uscita dalla casa di via Ballardini alle 7 per una escursione e non è più tornata. Temono un incidente. Alla fine di giugno la maggiore, Silvia di 27 anni, e la minore, Paola di 19, verranno indagate con l’accusa di omicidio volontario e occultamento di cadavere insieme al fidanzato della prima. Secondo gli inquirenti ci sono troppe cose che non tornano nella loro versione. Ma torniamo indietro, all’8 maggio.

Le ricerche. Per una settimana i soccorritori setacciano l’area fra Temù e Villa Dalegno, verso la località Gario. Si battono la Val Canè, la Valle delle Messi, la Val d’Avio e la Conca Casola. Viene dragata anche la diga della Edison, si perlustrano il Monte Calvo, Somalbosco e Valzerote. Una somma di duemila e cinquecento chilometri percorsi. Si passa più volte anche dove, due mesi dopo la denuncia di scomparsa, sarà ritrovato il corpo. Nessuna traccia, nessuna notizia. Fino al 23 maggio. Un residente percorre la pista ciclabile lungo il Fumeclo, poco prima che il torrente si getti nell’Oglio. Tra la vegetazione, nella scarpata, nota una scarpa da trekking. Naturalmente sa della scomparsa di Laura e avverte le autorità. È la scarpa destra della loro madre, dicono le ragazze. Una notizia che alimenta i timori sulla sorte della donna. Ma la novità clamorosa arriva oltre un mese dopo, con le accuse pesanti della sostituta procuratrice Caty Bressanelli alle figlie e al fidanzato, indagati a piede libero. La magistratura ritiene di avere individuato delle incongruenze nel racconto delle ragazze. Punti che inficerebbero la loro versione. E, come movente, ipotizza contrasti di natura economica.

Il cellulare. Innanzitutto, le telecamere di videosorveglianza non hanno rilevato alcun passaggio di Laura a Temù la mattina di sabato 8 maggio. Ci sono dubbi, dunque, sul fatto che sia uscita dalla palazzina di via Ballardini per l’escursione. Altro elemento: il cellulare. È stato ritrovato in cantina a Temù, incastrato fra una panca e le scale. Probabilmente caduto. Una delle figlie ha raccontato di avere visto la madre usarlo la mattina prima di uscire per la gita: ma risulta che lo smartphone abbia generato traffico l’ultima volta la sera prima. E poi un’altra stranezza: non si riesce a localizzare l’orologio gps, che Laura portava sempre con sè durante le escursioni. Il dito che gli inquirenti puntano contro i familiari ha l’effetto di una bomba in paese e sull’opinione pubblica.

I commenti si sprecano. Ma sia chiaro: ogni accusato è innocente fino alla condanna in tribunale. I processi non si fanno in piazza. In questo caso, poi, siamo solo all’inizio della vicenda. Persino l’omicidio, allo stato, è un’ipotesi. Per suffragare la loro tesi, comunque, gli inquirenti mettono sotto sequestro la casa di Temù e più volte, con l’ausilio dei tecnici della Scientifica, vi compiono ricerche approfondite per trovare tracce utili alle indagini. Il tutto ancora in assenza di un corpo.

Il ritrovamento. La svolta avviene domenica 8 agosto, poco prima delle 11. Un ragazzino cammina sulla ciclabile dell’Alta Valle che costeggia l’Oglio, di fronte al bacino della centrale Edison. Avverte un forte odore, sicuramente una carcassa. Si avvicina all’argine del fiume. Non è un animale, ma un corpo umano, prono sulla rena, fra gli alberi, circondato da rifiuti di plastica e arbusti tranciati dalla corrente. Carabinieri e vigili del fuoco bloccano la ciclabile e recuperano la salma. È una donna. Quando si diffonde la notizia nessuno nutre dubbi sull’identità del corpo. Tutti, inquirenti compresi, pensano a Laura Ziliani. Non ci sono altri scomparsi, il collegamento è ovvio. Si fanno ipotesi sulla presenza del cadavere, che non poteva trovarsi in quel luogo e in quelle condizioni nei giorni precedenti. Sulla ciclabile passano centinaia di persone: altri avrebbe fatto prima la scoperta. Viene scartata la possibilità che sia rimasto in acqua tre mesi, prigioniero di anfratti, anse o grotte che non esistono da queste parti. Forse era sepolto nella sabbia e la piena dell’Oglio ha cancellato la tomba precaria. Forse il corpo era più a monte. Forse. La preoccupazione principale, tuttavia, è verificare di chi si tratta.

La conferma della morte di Laura Ziliani arriva giovedì 12 agosto. Gli orecchini ai lobi e una ciste sotto il piede destro anticipano quello che dirà il test del Dna fra qualche giorno. Una parte del mistero è svelata. Adesso, in ogni caso, ci sono un corpo e un nome. Le indagini potranno fare dei passi in avanti e i parenti di Laura cominciare a elaborare il lutto, a colmare il terribile vuoto dell’assenza. Manca però il pezzo finale e decisivo della storia: la verità reclamata da quel corpo. E la giustizia, se Laura è stata uccisa.

dal giornale online: giornaledibrescia.it – Valcamonica
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