La crisi ex Ilva ha ricadute a Brescia: prima vittima la Semat di Artogne

La bresciana Semat, società del gruppo Atb specializzata in grandi interventi edilizi e la cui attività si concentra nel cantiere di Taranto, potrebbe essere la prima vittima eccellente nell’intricata vicenda legata ai crediti dell’indotto dell’ex Ilva. Il condizionale è d’obbligo, la situazione è in forte evoluzione e solo prossimi giorni si potrà sapere quali mosse intende fare il Governo sul fronte del ricorso all’amministrazione straordinaria di Acciaierie d’Italia.

La questione è balzata all’attenzione a livello nazionale: ieri in seimila hanno manifestato intorno al perimetro dello stabilimento di Taranto. In corteo, accanto ai lavoratori diretti, in cassa integrazione, c’era tutto il mondo legato agli appalti: secondo una stima dell’Aigi, associazione a cui aderisce l’80% delle imprese dell’indotto del siderurgico, i crediti dell’indotto dell’ex Ilva ammonterebbero ad almeno 130 milioni di euro. E tra questi ci sono anche quelli della bresciana Semat, il cui consiglio di amministrazione lo scorso mercoledì 24 gennaio ha deliberato di presentare al Tribunale di Brescia una «istanza prenotativa» – ex articolo 44 del Codice della crisi – per accedere ad uno strumento di gestione della crisi d’impresa.

La divisione

EMBED [Una delle grandi coperture realizzate dall’impresa camuna]

Bocche cucite alla società di Artogne che, ricordiamo, presidia la divisione «Civil Costruction» di Atb Group insieme alle sue controllate Semat Engeneering, Semat Services e Sid. La società è impegnata da vent’anni nelle opere di manutenzione dello stabilimento di Taranto e con il passaggio dell’ex Ilva a Mittal era diventata un punto di riferimento importante per il polo siderurgico. Una divisione che solo nel 2022 (ultimo dato disponibile) aveva registrato un fatturato di circa i 72 milioni di euro, per oltre la metà rappresentato appunto dai lavori nei cantieri di Acciaierie d’Italia. La società conta circa un migliaio di addetti, la maggior parte lavora proprio nel sito di Taranto.

La commessa sulle coperture

Si deve al gruppo bresciano ad esempio la realizzazione nel sito di Taranto delle opere civili per le tre coperture giganti dei parchi minerari secondari dell’ex Ilva. Il parco minerale di Taranto è un’area vastissima, sulla quale si accumulano montagne di minerale ferroso e di carbon coke in attesa di entrare nel ciclo produttivo dell’acciaieria. Una commessa da 40 milioni di euro, vinta nel 2019 dove Semat aveva agito come «main contractor» e che aveva l’obiettivo di limitare la dispersione delle polveri verso la città di Taranto, in particolare nel quartiere Tamburi.

La richiesta al Tribunale

EMBED [Diverse centinaia di operai, sindacati e imprenditori partecipano a una manifestazione unitaria a Taranto]

Il consiglio di amministrazione ed i sindaci della società camuna stanno monitorando la situazione di Acciaierie d’Italia. Nelle scorse settimane la situazione si è deteriorata con la rottura tra il governo ed il socio privato Mittal e l’avvio del percorso di commissariamento. È dello scorso 24 gennaio la decisione dare mandato al presidente del Cda di predisporre e presentare «istanza prenotativa» ex art 44 del Codice della crisi, al tribunale di Brescia. La decisione di Semat – si legge nella delibera approvata dal Cda – è arrivata dopo un decreto ingiuntivo da parte di Fincantieri.

Semat avrà ora 30 giorni di tempo per decidere se richiedere «una procedura di concordato preventivo, ovvero l’omologazione di accordi di ristrutturazione del debito, o ancora presentare un piano di ristrutturazione soggetto ad omologazione e di concessione del termine per la presentazione successiva della proposta dettagliata ai creditori, del piano e degli ulteriori documenti di legge». I prossimi giorni saranno cruciali. Sotto i riflettori i provvedimenti che il governo adotterà per salvare dal baratro nunerose imprese e migliaia di lavoratori dell’indotto di Acciaierie d’Italia.

EMBED [box Newsletter ECONOMIA]

dal giornale online: giornaledibrescia.it – Valcamonica
Leggi articolo originale