Tre mesi di rinvio per cercare di trovare un accordo con il principale danneggiato, cioè l’azienda ospedaliera di Vallecamonica, su un possibile risarcimento del danno.

Con questa motivazione gli avvocati Luigi Frattini e Mario Nobili hanno chiesto e ottenuto al Gip un rinvio dell’udienza preliminare che si è aperta ieri mattina nei confronti di Giovanni Mazzoli, ex primario di oculistica dell’ospedale di Esine, che dallo scorso giugno si trova agli arresti domiciliari con l’accusa di concussione, peculato, truffa ai danni dello Stato e indebita induzione a dare.

EMBED [Leggi anche]Stando a quanto avevano accertato Carabinieri e Procura, con decine di intercettazioni telefoniche e ambientali, il medico si faceva pagare cifre variabili generalmente tra i 500 e i 700 euro da persone che necessitavano di un’operazione chirurgica agli occhi per essere inserite direttamente in cima alle liste dei pazienti da operare a spese del servizio sanitario nazionale, superando così chi da mesi attendeva un intervento. Tra le accuse anche quella di aver certificato il falso rispetto ai requisiti di alcuni pazienti per far loro ottenere il rinnovo della patente di guida pur non avendone i titoli.

L’obiettivo degli avvocati difensori è quello di provare a trovare un accordo di risarcimento con l’Asst della Montagna e l’Ats arrivando così alla prossima udienza, fissata per il 27 marzo, con una situazione già definita almeno sotto quel profilo.

Il sequestro dei beni e le intercettazioni

Quando era stata eseguita l’ordinanza cautelare, al primario erano stati sequestrati complessivamente beni per 500mila euro ed era stato sospeso dall’incarico. Nelle settimane successive poi si era dimesso. La sua posizione però si era ulteriormente aggravata. Nel tempo che era intercorso tra quando era stata depositata dalla Procura la richiesta di misura cautelare e il giorno in cui è stata concessa ed eseguita, le microspie nello studio avevano registrato altri casi e gli episodi contestati erano passati da 30 a oltre 45.

Dalle intercettazioni telefoniche era emersa chiaramente la enorme disponibilità di liquidità di Giovanni Mazzoli, dovuta secondo chi indaga ai pagamenti in contanti effettuati dai pazienti, tanto che, non sapendo di essere ascoltato, il medico si lamentava di non sapere più come spendere i soldi. In un passaggio finito agli atti aveva detto: «Intanto compro qualche quadro, poi orologi. Poi un po’ di diamanti». In un altro aveva spiegato di usare un conto in Svizzera, dove vive il figlio: «Fino a 50mila euro li butti sul conto corrente che fa da bancomat. È chiaro che butto su 10mila euro, non 50mila per volta». 

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dal giornale online: giornaledibrescia.it – Valcamonica
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