I soldi dai cinesi per le fatture false: Loro hanno il cash

Il gruppo aveva una peculiarità. «La concreta capacità – si legge dagli atti – di procurarsi tempestivamente somme liquide che costituiva mezzo formidabile per assicurare il successo degli affari criminosi del sodalizio». E spesso il denaro arrivava dai quartieri cinesi di Milano. É quanto emerge dalle oltre 160 pagine di ordinanza di custodia cautelare che ha portato in carcere cinque persone e quattro ai domiciliari nell’ambito dell’inchiesta della Guardia di Finanza su un presunto giro di fatture false da oltre 160 milioni di euro. Con 80 persone complessivamente indagate tra cui 22 bresciane o comunque residenti in provincia.

Per gli inquirenti le redini del malaffare erano nelle mani dei fratelli Massimiliano e Federico Borghesi, a capo della B-Metal che – sostiene il gip – «pur essendo effettivamente operativa sul mercato nel commercio dei metalli, si sarebbe dedicata anche alla emissione di fatture oggettivamente inesistenti a beneficio di fittizie aziende clienti».

EMBED [Leggi anche]

Stando a quanto ricostruito nell’inchiesta dei sostituti procuratori Benedetta Callea e Carlotta Bernardini, nella disponibilità dei due fratelli bresciani c’erano cinque cartiere, «vere e proprie scatole vuote, prive di qualsiasi operatività e impiegate unicamente come produttrici di fatture false». Che venivano alimentate da un vorticoso giro di denaro contante gestito soprattutto da Roberto De Pedro, il 40enne di Paspardo che nascondeva a casa dei genitori una valigia con dentro un milione di euro in contanti, tutti in banconote da 50 euro, trovata dai finanzieri nelle scorse ore. «A lui era riservato il delicato ruolo di movimentare somme di denaro e godeva dell’assoluta fiducia dei capi» scrive il gip ricordando che «percepiva per l’impegno una commissione normalmente pari all’8% dell’importo delle fatture di riferimento».

Soldi cinesi

Proprio De Pedro, il 2 dicembre 2021, senza sapere di essere intercettato, mentre consegna a Massimiliano Borghesi 42.460 euro in contanti, racconta di quanto sia difficile reperire denaro liquido «da – sottolinea il gip – destinare all’impresa criminosa». «Hanno blindato gente alta di Brescia che smistava a tutti. Per quello che faccio anche io fatica» svela De Pedro. E Borghesi chiosa: «Stanno cercando di fermare questo giro (delle fatture false, ndr) ma non si fermerà mai, è fuori discussione».

Il gruppo aveva bisogno di contante, e i fondi neri arrivavano dal quartiere Chinatown di Milano. «Mi continua a ripetere che è carico di soldi, ma gli ho detto che non posso fargli seimila bonifici al mese» racconta al telefono Borghesi parlando «del cinese» in un’intercettazione finita agli atti. «Poi – aggiunge – i bonifici li vogliono in Cina. Cioè devi fare due o tre giri, non è che li fai dall’Italia. Fai qui, fai là, fai all’estero e poi i mandi di là. Come gli arrivano ti chiamano e ti dicono che sono pronti».

La data X

Ed è proprio proveniente dalla Chinatown milanese una delle coinvolte nell’inchiesta quando viene fermata dalla Guardia di Finanza in quello che è il giorno determinante dell’inchiesta. É il 24 novembre 2021 e Fabiana Olivo, 35enne friulana ora in carcere ritenuta a capo di una cartiera collegata ai fratelli Borghesi, viaggia sulla sua auto. Durante il controllo le Fiamme Gaille le trovano 70mila euro in contanti nascosti in un borsone. Per gli inquirenti è la svolta nelle indagini, per il gruppo l’inizio della fine.

«L’impresa criminosa dei Borghesi entra in fibrillazione e i due fratelli sono costretti ad attivarsi per assicurarsi una efficace difesa legale e concordare un futuro piano d’azione per poter continuare ad emettere fatture false senza essere scoperti» si legge nell’ordinanza. Massimiliano e Federico Borghesi, «manifestando il sospetto che qualcuno avesse denunciato le attività illecite e che la Olivo fosse da tempo seguita a distanza» si muovono per cercare una tesi difensiva da far sostenere alla donna che lavora per loro. «Lei può dire che sono risparmi che aveva via. Può dire che erano sotto la mattonella della cascina di sua nonna» ipotizzano in un dialogo captato. Il 2 febbraio 2022 la Guardia di Finanza perquisisce la loro azienda e il 7 marzo successivo la Procura dispone il blocco dei conti. Un anno e mezzo dopo sono finiti in carcere. 

EMBED [Box News 5 Min Articolo]

dal giornale online: giornaledibrescia.it – Valcamonica

Leggi articolo originale