La contesa sull’acqua della Valcamonica. Una battaglia legale, amministrativa, politica, che dopo anni potrebbe terminare questo mese con una sentenza della Corte Costituzionale. La Consulta dovrebbe pronunciarsi a breve sull’articolo 13 della legge regionale 24 del 27 dicembre 2021 che, in deroga alle norme nazionali, consente di istituire nei territori montani un Ato sub provinciale. Il Governo Draghi l’aveva impugnata, ravvisando un pericoloso precedente.
La Corte avrebbe dovuto riunirsi lo scorso gennaio, ma poi ha rinviato l’esame della questione a giugno. Ato significa Ambito territoriale ottimale: un Ato montano significa la possibilità per una valle (con almeno 75mila abitanti) di regolare e dunque gestire in maniera autonoma il ciclo idrico, cioè acquedotto, fognatura e depurazione. Un obiettivo che la Valcamonica persegue da tempo; del resto, la norma regionale è stata fortemente sponsarizzata proprio dalla politica camuna. Non si tratta di lana caprina. Autonomia vuole dire decidere su tariffe, impianti, investimenti.
In attesa dell’ultima parola della Consulta (che potrebbe ancora slittare oppure essere superata da un’intesa fra Governo e Regione) sono accadute molte cose. L’ultima è la bocciatura in aprile da parte del Tribunale amministrativo regionale (Tar) dei ricorsi presentati nell’ottobre 2022 dai Comuni di Esine, Bienno, Berzo Inferiore, Ossimo e Pian Camuno (per Cividate è stato disposto un supplemento istruttorio: si deciderà in settembre). I Comuni chiedevano al Tar di annullare la determinazione di fine giugno 2022 con cui il direttore dell’Ufficio d’Ambito di Brescia, Marco Zemello, aveva respinto la loro istanza per proseguire la gestione autonoma comunale del servizio idrico. Una rivendicazione locale per mettere le premesse ad una futura autonomia valligiana.
È bene specificare che per legge l’Ufficio d’Ambito provinciale (Aato) è l’ente che regola il ciclo idrico; la gestione è invece affidata ad altri soggetti (in particolare Acque Bresciane e A2A). Facciamo un passo indietro.
Sorgenti
La Valcamonica da sempre aspira a mantenere in proprio la gestione dell’acqua. Nel 2019 ha commissionato uno studio all’Università Bocconi secondo cui essa sarebbe sostenibile dal punto di vista tecnico ed economico. In ogni caso, nel frattempo dieci Comuni – che necessitavano di investimenti immediati per i problemi del loro sistema – hanno aderito all’Ato provinciale, affidando il servizio ad Acque Bresciane. L’ultimo, a dicembre 2022, Darfo Boario, uno dei 28 paesi camuni oggetto di una indagine da parte dell’Ufficio d’Ambito. Spieghiamo. Il decreto legislativo 152 del 2006 in materia ambientale prevede che la gestione autonoma comunale possa proseguire nei paesi montani quando sussistano insieme tre condizioni: sorgenti di pregio, captazioni in aree naturali protette, efficienza gestionale. L’Ufficio d’Ambito, afferma il direttore Marco Zemello, su invito della Regione ha chiesto ai Comuni della Valcamonica l’eventuale presenza di quelle caratteristiche per avere la foto della situazione.
Hanno risposto in 28. «Abbiamo deciso di fare una valutazione semplificata – spiega Marco Zemello – considerando i requisiti oggettivi, cioè le caratteristiche delle fonti». Per venti è stata appurata la presenza dei criteri previsti dalla legge per la gestione autonoma. «Con questi venti – prosegue – siamo passati all’analisi dell’efficienza gestionale, chiedendo una relazione sullo stato dell’arte». Una fase chiusa nell’ottobre scorso. «Dopo di che – continua Zemello – abbiamo chiesto ai Comuni di farci sapere entro sei mesi cosa intendono fare per un recupero graduale dell’efficienza».
Bocciati
Sette degli otto Comuni bocciati hanno scelto la strada del ricorso (Corteno Golgi al presidente della Repubblica, ora la cosa è pendente al Tar). Il Tar, in aprile, ha respinto i ricorsi con la stessa motivo: le sorgenti che alimentano gli acquedotti comunali non si trovano all’interno di parchi o aree naturali protette oppure in siti individuati come beni paesaggistici.
«La volontà dell’Ufficio d’Ambito – commenta Zemello – è stata di venire incontro ai Comuni della Valle, senza imposizioni. Se la Consulta dirà che l’autonomia è una strada percorribile non ci opporremo». Anche se la possibilità per la Valcamonica di fare da sé «potrebbe innescare effetti a catena nel Bresciano e in Lombardia».
Nel frattempo, conclude Zemello, «il lavoro svolto in collaborazione con i Comuni ha permesso di fare passi avanti per quanto riguarda la conoscenza dei problemi e la consapevolezza da parte della Valle che essi vanno affrontati e risolti».
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dal giornale online: giornaledibrescia.it – Valcamonica
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