Omicidio Ziliani: «Dalle serie tv deciso come uccidere mamma»

Per due anni avevano pensato ossessivamente a come commettere l’omicidio. E per quattro volte hanno tentato di uccidere la madre prima della serata tra il sette e l’otto maggio 2021 quando effettivamente ci riescono. È quanto emerge dai verbali degli interrogatori choc di Paola e Silvia Zani e Mirto Milani, il trio criminale che ha confessato il delitto di Laura Ziliani, l’ex vigilessa di Temù il cui cadavere venne ritrovato l’otto agosto di un anno fa sepolto tra la vegetazione vicino al fiume Oglio nel paese dell’Alta Vallecamonica.

Le due figlie della donna – con l’aiuto del fidanzato della maggiore – hanno spiegato di avere ammazzato la madre «perché abbiamo avuto sentore della sua volontà di ucciderci perché secondo la nostra idea mia madre – si legge dalla confessione di Silvia Zani – si sentiva bloccata con tre figlie di cui una disabile e l’idea che avevamo era che voleva liberarsi di noi».

Il delitto davanti alla tv

I tre raccontano al pubblico ministero di aver studiato la modalità dell’omicidio attraverso la tv. «Già nell’estate del 2020 abbiamo iniziato a pensare che l’unica nostra possibilità sarebbe stata quella di eliminare Laura, ma non sempre eravamo tutti d’accordo» sono le parole a verbale di Mirto Milani. «Piano piano inizia a prendere forma l’idea folle, assurda di simulare una sua passeggiata ed il suo mancato rientro e la scomparsa».

EMBED [Il caso]E siamo al primo passaggio sulla tv come fonte di ispirazione. «Guardando la serie dei Borgia dove c’era un sicario che strozzava le persone – dice Mirto nel suo interrogatorio del 24 maggio scorso – abbiamo in un certo senso unito le due cose». A queste parole si aggiungono quelle della fidanzata Silvia Zani, la più grande delle figlie di Laura Ziliani. «Vedendo il telefilm Dexter abbiamo scoperto che vi era un veleno chiamato aconito che non lasciava tracce nel corpo. Abbiamo consultato internet e verificato che quanto appreso dalla serie tv era vero» racconta la 28enne nelle dieci ore di confessione al pm del 25 maggio scorso.

«Vedendo un altro telefilm "Breaking Bad" abbiamo saputo che si poteva utilizzare anche la ricina, una sostanza tratta dal ricino e la conferma è arrivata da una ricetta in lingua inglese risalente all’epoca della guerra fredda» spiega Silvia. E qui si apre il capitolo dei tentativi di omicidio della madre andati male. «A Temù abbiamo provato ad estrarre la ricina ed abbiamo ottenuto una polvere, ma non sapevamo come utilizzarla. L’abbiamo messa nell’auto di mia madre, nei bocchettoni dell’aria, pensando che lei potesse respirarla ma non ha funzionato». E però la sorella Paola, l’ultima a confessare il 26 maggio, ad entrare nel dettaglio.

I tentativi

«Il primo tentativo – si legge nei verbali – è stato quando le abbiamo messo io e Mirto dell’antigelo in una tisana con la siringa. Sapevamo che avrebbe dovuto dare problemi cardiocircolatori. C’è stato poi un secondo tentativo sempre con l’antigelo – prosegue Paola Zani – Abbiamo usato delle siringhe per bucare il tappo della bottiglia di vino. Un terzo tentativo è stato fatto quando a Temù avevamo fatto una torta foresta nera. Ne abbiamo lasciata un po’ più di metà per mamma e dentro la sua parte abbiamo messo del ricino. Abbiamo usato i semi pensando di inscenare il fatto che lei volesse ucciderci e che si fosse avvelenata da sola, accidentalmente».

Nessuno dei tre piani è riuscito. Un mese prima dell’omicidio si registra l’episodio che gli inquirenti ritengono essere «la prova generale». Quello del 16 aprile quando i tre riempiono due muffin di benzodiazepine. Laura Ziliani li mangia e per 36 ore rimane intontita. «In quel tentativo – confessa Silvia Zani – avevamo anche pensato di mettere il corpo in un’intercapedine della casa, ma era un’idea non praticabile».

L’omicidio

«Il trio criminale» decide così per lo strangolamento di Laura Ziliani. Che la sera del 7 maggio 2021 viene prima stordita con i calmanti. «Che ho preso dalla Rsa dove lavoravo mettendoli in provette utilizzate per le analisi del sangue» ammette Silvia. «Quando non girava nessuno li prendevo dal carrello dei farmaci, poche gocce al giorno o quando ne avevo possibilità». L’ex vigilessa viene immobilizzata a letto dalla figlia Paola, che le si butta addosso di peso, e prima l’altra figlia Silvia e poi Mirto – per loro stessa ammissione – le stringono le mani al collo.

«Ho anche insultato mia mamma. In quel momento la odiavo perché mi stava costringendo a farle quello, mi avrebbe rovinato la vita. Le ho dato anche un pugno» confessa Silvia in uno dei passaggi più inquietanti del suo racconto. Il cadavere, avvolto in un pellicola «usata perché – precisa Paola – avevamo visto nella serie tv Dexter, che non lasciava tracce» viene portato nei boschi di Temù dove sarà ritrovato due mesi dopo. «Per evitare dispersione di tracce avevamo indossato delle cuffie da doccia, dei guanti e le tute da imbianchino con come calzari dei sacchetti di plastica e usavamo le mascherine Ffp2. Abbiamo bruciato tutto dopo l’omicidio» fa mettere a verbale Silvia. Che crolla. «Dopo aver messo il corpo nella buca Mirto e Paola sono tornati in auto per prendere il cemento che poi abbiamo usato per coprirlo. Questo – ha detto in interrogatorio la figlia maggiore di Laura Ziliani – è stato per me il momento più brutto. Restare nel bosco al buio mi ha fatto realizzare che avevo ucciso mia madre».

E davanti al pm e ai carabinieri piange. «Nelle settimane successive – conclude la 28enne – ci siamo come un po’ sdoppiati, come se davvero noi stessimo cercando mamma. Non mi sembrava di recitare: per me era tutto autentico, una sorta di bolla che è scoppiata quando ho letto le dichiarazione del compagno di cella di Mirto». Colui che aveva raccolto le confessioni in cella di Mirto Milani, poi consegnate agli inquirenti per chiudere il cerchio delle indagini.

dal giornale online: giornaledibrescia.it – Valcamonica
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