Il giallo si è trasformato in un caso chiuso. Da un anno fa ad oggi gli assassini di Laura Ziliani hanno un nome e sono pronti per iniziare il processo che prenderà il via in autunno. E come un puzzle dell’orrore, pezzo dopo pezzo sta emergendo l’intero impianto accusatorio nei confronti di Mirto Milani e delle due sorelle Paola e Silvia Zani figlie della vittima – che solo quando si sono ritrovati spalle al muro hanno confessato il delitto dell’ex vigilessa di Temù, svanita nel nulla l’8 maggio 2021 e il cui cadavere venne ritrovato l’8 agosto.

Le frasi choc

EMBED [Le confessioni]

Dagli atti dell’indagine spuntano i piani della premeditazione, i depistaggi. E le frasi choc di Mirto Milani. Come quando in carcere, senza sapere di essere intercettato, commentando alcune ricostruzioni giornalistiche sulla possibile dinamica dell’omicidio, al compagno di cella dice: «Laura non è caduta sul materasso, ma sul grasso». È l’inizio della sua confessione dietro le sbarre di Canton Mombello. Che poi, una volta chiuse le indagini, ritroverà nel fascicolo del pm Caty Bressanelli e deciderà quindi – siamo a maggio scorso dopo 12 mesi dall’omicidio – di ammettere le proprie responsabilità. E il riferimento è alla struttura fisica della fidanzata Silvia «che – è il racconto agli atti – una volta in cucina prende da dietro la madre. Laura cade sulla figlia, le salta sopra Paola per tenerla ferma».

Mirto, che durante la prima fase dell’inchiesta, quando ancora si cerca una donna scomparsa e non la vittima di un omicidio, ad un amico al telefono, sapendo di mentire, spiegava: «Magari ha dirottato dei soldi nel corso del tempo su un altro conto e adesso sta facendo la bella vita da qualche parte», con il compagno di cella si sofferma anche sul trasferimento del cadavere nei boschi di Temù.

Racconta che per due volte scivola a terra con in braccio il corpo di Laura Ziliani «che – ammetterà in confessione – non sapevo se fosse già morta» e che è vestito solo in intimo. E alla domanda: «Non temevi di essere scoperto da qualcuno?» al detenuto risponde ridendo: «Chi vedeva poteva pensare che stessimo facendo sesso». Inquietante, come la serie di depistaggi messa in atto, secondo chi indaga, da quello che gli inquirenti hanno definito «il trio criminale».

I depistaggi

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Come la ricetta per un ansiolitico chiesta e ottenuta a nome di Mirto Milani in piene indagini, quando i tre, al telefono, non nascondo il timore di subire una perquisizione. Il farmaco viene trovato effettivamente nelle disponibilità di Mirto il 26 giugno 2021.

Per gli inquirenti era un modo per potersi giustificare quando dalle analisi del cadavere di Laura Ziliani sarebbe emersa la presenza nel corpo dell’ex vigilessa di tracce di benzodiazepine. Altro depistaggio anche il pestaggio che il ragazzo denuncia ai carabinieri di aver subito a settembre, poco prima di essere arrestato. Ammetterà solo dopo che era stata una messinscena per spostare l’attenzione su altri possibili coinvolti nell’omicidio di Laura Ziliani.

La premeditazione

Da quanto ricostruito in un anno di indagine, l’omicidio dell’ex vigilessa era stato ampiamente premeditato dalle due figlie Paola e Silvia e da Mirto Milani. Oltre all’ormai noto tentativo di avvelenamento di metà aprile, quando la vittima rimase stordita per tre giorni dopo aver bevuto una tisana piena di sonnifero, e la ricerca di un composto a base di ricina da somministrarle durante la prima ondata di Covid, ci sono le ricerche fatte da Mirto Milani in rete.

Parole digitate: «piante velenose, crimini perfetti, torture». Nella casa di via Ballardini a Temù i carabinieri hanno inoltre trovato un «rudimentale impianto di intercettazione» collegato ad un telefono nascosto dietro ad un calorifero. Sarebbe servito ai tre accusati per scoprire le abitudini di Laura Ziliani attraverso i dialoghi tra la donna e il compagno durante i weekend che trascorrevano nella casa in Vallecamonica. Dove Laura Ziliani è stata poi uccisa.

Il percorso per evitare le telecamere

EMBED [La mappa]

La fossa era già pronta. I sacchi di calce comprati e tenuti a portata di mano. Ma soprattutto un percorso studiato nei dettagli, tra strade secondarie e deviazioni attraverso i terreni agricoli a ridosso dell’abitato, per evitare di essere inquadrati dalla telecamere. Secondo quanto loro stessi hanno ammesso, prima Mirto con il compagno di cella e poi nell’interrogatorio in cui ha ammesso le proprie responsabilità, poi anche Silvia e Paola Zani, questo il modo per far arrivare il cadavere di Laura Ziliani dalla casa di via Ballardini 11 alla fossa scavata sotto un nocciolo tra la pista ciclabile e il fiume Oglio.

Il primo passo, compiuto nelle settimane che hanno preceduto il delitto, è stato quello di individuare le telecamere presenti sul territorio e quindi quelle da evitare. Le più vicine alla casa di Laura Ziliani sono quelle di una farmacia e di una banca. L’unico modo per evitarle è scendere attraverso dei terreni sotto le case. Dopo aver «messo a mummia» il corpo della 55enne e aver tolto il portapacchi dall’auto «per confonderla con altre simili in paese» i tre partono. La vettura resta impantanata nel fango e solo con fatica i tre ragazzi arrivano alla strada. Devono percorrere solo poche centinaia di metri fino al ponte tra via Val d’Avio e via Saletti. Mirto guida a fari spenti, Silvia gli fa strada con una torcia da speleologo.
Al ponte i ragazzi deviano sulla pista ciclabile e con lo stesso sistema percorrono poco meno di un chilometro fino al punto previsto per occultare il cadavere.

dal giornale online: giornaledibrescia.it – Valcamonica
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