
Assicura di non aver ottenuto nulla in cambio. «Non uno sconto di pena, non la liberazione anticipata. Nulla. L’ho fatto per una questione etica, perché quello che hanno commesso è mostruoso».
Lo chiamiamo Enzo, nome di fantasia, in un dramma vero. Cinquant’anni superati, alle spalle ha una condanna definitiva per reati fiscali e dal 18 ottobre 2021 al 16 gennaio è stato il compagno di cella di Mirto Milani. È il detenuto che collaborando con gli inquirenti ha raccolto sfoghi e ammissioni del 28enne ritenuto l’omicida di Laura Ziliani, al pari di Paola e Silvia Zani, due delle tre figlie dell’ex vigile di Temù, uccisa l’8 maggio 2021 e ritrovata tre mesi dopo.
EMBED [Gli ultimi sviluppi]«In carcere ho imparato una regola non scritta: se devi condividere lo spazio con un’altra persona, di questa persona devi sapere perché è dentro».
L’inizio della confidenza
Inizia su queste basi il rapporto tra Enzo e Mirto, che sfocerà in una confessione registrata dalle cimici installate dietro le sbarre e che porterà poi all’ammissione di colpa del 24 maggio scorso davanti al pm quando, una volta chiuse le indagini, leggendo gli atti Mirto scopre che le confidenze al compagno di cella sono diventate una prova contro di lui. E ammette l’omicidio, seguito poi da Paola e Silvia. «Parliamo – racconta il 50enne – di un ragazzo legatissimo alla madre. Di un livello culturale alto e molto religioso, tanto che ripeteva a memoria interi passaggi della Bibbia e del Vangelo».
EMBED [Le confessioni]Nelle giornate tutte uguali in carcere, con Mirto che ogni volta che si parlava dell’omicidio Ziliani alla tv chiedeva di cambiare canale, Enzo guadagna la sua fiducia, ora dopo ora. «Prima di raccontare tutto sull’omicidio ha cambiato tre versioni. Inizialmente si proclama innocente e vittima del sistema, poi mi spiega che lui, Paola e Silvia avevano trovato Laura Ziliani morta al mattino sull’uscio di casa e presi dal panico avevano solo nascosto il corpo e che il colpevole poteva essere un farmacista o un veterinario. La terza versione che mi dà è quella che loro tre dovevano difendersi da Laura che voleva avvelenarli».
I messaggi fuori dal carcere «attraverso pizzini»
Durante il periodo di detenzione comune Mirto Milani – secondo quanto il compagno di cella fa mettere agli atti – avrebbe mandato fuori dal carcere alcuni messaggi durante i colloqui, «attraverso pizzini che nascondeva tra i vestiti», o via lettera. «Scriveva decine di pagine e tra queste inseriva un foglio bianco, sul quale calcava con una penna senza inchiostro. Chi riceveva poteva leggere il messaggio coprendo con della cenere quei fogli. Chiedeva di depistare le indagini» racconta il detenuto che con Mirto Milani ha condiviso giorni e notti per tre mesi. Proprio uno di questi calchi sarebbe finito in procura. Un momento che rappresenta l’inizio della collaborazione tra il detenuto che raccoglie le verità di Mirto e gli inquirenti.
La svolta a Natale
Verso Natale arriva la presunta svolta. «Quando lo prendo di petto e gli faccio capire che se si vuole confrontare mi deve raccontare la verità». La cella è già imbottita di cimici. Il 28enne vuota il sacco, senza sapere di essere intercettato. E torna alla notte dell’8 maggio 2021, quella dell’omicidio di Laura Ziliani. «Mi ha raccontato che la signora Laura sarebbe dovuta arrivare molto prima a Temù, verso 20.30/21, ma che lungo la strada si era fermata da due amiche, tanto che i ragazzi l’avevano chiamata più volte. Il piano originario era raggiungerla a metà scala, al piano intermedio della casa di via Ballardini: Silvia l’avrebbe bloccata da dietro mentre gli altri due l’avrebbero soffocata. Quando Laura dice che sarebbe arrivata alle 22 decidono di cambiare strategia. Preparano dei muffin e riempiono quello destinato a Laura di benzodiazepine. Lei lo mangia, però non crolla come previsto nei primi 10 minuti: aveva un fisico forte. Alla Ziliani sembra non succedere niente e va a letto. Mirto mi ha raccontato che si era allontanato perché non si fermava mai a dormire quando c’era la mamma della fidanzata, ma era una finta. Poco dopo risale in casa e i tre restano in attesa. Laura a un certo punto è ormai rintronata e va in cucina per prendere da bere dal frigorifero».
EMBED [La fossa che sarebbe stata preparata per seppellire il corpo di Laura Ziliani]
Il racconto si fa più incalzante. «Mirto mi ha detto che lì scatta la furia di Silvia che prende da dietro la madre. Laura cade sulla figlia, le salta sopra Paola per tenerla ferma, ma la mamma non muore. Con Mirto le mettono il sacchetto di plastica sulla testa e lo chiudono con una fettuccia e una porzione di prolunga» racconta Enzo, il detenuto che agli inquirenti ha consegnato un memoriale con tutte le confessioni raccolte da Mirto Milani. «Mi ha detto che c’e il dubbio che sia stata seppellita viva, senza che loro ne fossero certi. Laura aveva convulsioni lunghe. Per portarla via mi ha spiegato che l’hanno messa a mummia e che avevano tolto il portapacchi all’auto per farla confondere con altre simili in paese. L’hanno spogliata nuda e le hanno messo un intimo particolare, per mettere in scena un incontro amoroso finito in omicidio. L’hanno truccata e le hanno messo gli orecchini, poi l’hanno caricata in macchina. Nel bagagliaio. Lui mi ha anche spiegato che due giorni prima avevano comprato due sacchi di malta bastarda e che già avevano individuato il posto in cui scavare la fossa».
Un piano studiato a tavolino
Mirto Milani avrebbe confidato anche molti particolari di quello che gli inquirenti ritengono un piano omicida studiato a tavolino. «Hanno fatto una stradina secondaria per evitare le telecamere del Comune. Mirto guidava a fari spenti, mentre alternate le sorelle Zani camminavano davanti all’auto con una torcia da speleologo».
EMBED [Gli indizi già emersi]Il corpo dell’ex vigilessa viene abbandonato dove poi sarà ritrovato esattamente tre mesi più tardi, vicino al fiume Oglio. «La prima fossa individuata era alla base di un nocciolo, ma non era abbastanza fonda e il terreno era troppo duro. Mirto – prosegue l’ex compagno di cella – mi ha spiegato che si sono spostati in là di 20 metri, alla base del fiume, dove la terra è molto più umida. Hanno scavato una buca, messo il cadavere e poi ci hanno buttato dentro i 25 chili di malta: uno strato che ha protetto il corpo e ne ha preservato la conversazione. Solo dopo avrebbero bruciato i loro vestiti e si sarebbero liberati delle scarpe da montagna di Laura, degli occhiali e delle sue chiavi si casa».
EMBED [Temù, dove è stato trovato il cadavere]
E le benzodiazepine usate per stordire la vittima? «Mirto mi ha detto che le ha prese Silvia che lavorava in una casa di riposo. I farmaci erano schedati e quindi per giorni portava a casa gocce di benzodiazepine che metteva in alcune perette. Così si sono fatti la scorta di farmaci». Un passaggio inquietante che, se confermato, dimostrerebbe la lunga premeditazione del «trio criminale». «Verso la fine della nostra convivenza in cella, prima che in tutta fretta il 16 gennaio mi trasferissero in un altro carcere, Mirto mi aveva raccontato che da tempo volevano ucciderla. Oltre alla ormai famosa volta della tisana di qualche settimana prima, mi ha spiegato che già nel 2020 in pieno Covid con Paola e Silvia avevano studiato un piano poi risultato troppo complesso. Le avrebbero voluto somministrare un composto a base di ricina, una proteina tossica derivata dal ricino. Poi un altro piano mi ha spiegato che era quello di colpirla durante una passeggiata in quota, ma l’avevano ritenuta un’ipotesi troppo fatalista visto che anche il padre delle due ragazze era morto in un incidente in montagna».
dal giornale online: giornaledibrescia.it – Valcamonica
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