Su un treno viaggiano persone e oggetti. È cosa scontata. Ma sui convogli, grattando la patina superficiale, si spostano anche speranze, preoccupazioni, attese, dolori e tutti i sentimenti che i passeggeri portano con sé, soprattutto se pendolari. È una regola che esiste da sempre, sia che il viaggio sia verso il capoluogo che verso lidi d’oltralpe con orizzonti più ampi pur sotto lo stesso cielo.
Sul treno «delle sei», che ogni mattina presto parte da Edolo per raggiungere la città, salgono quasi solo lavoratori e qualche studente. Tra la dozzina di persone trasportate ieri c’era anche Beatrice. Giovane edolese, laureata in lingue da poco, su quel vagone era salita per recarsi al suo primo giorno di lavoro a Brescia, alle Acli. In città ad aspettarla c’erano i formatori, per il previsto periodo di affiancamento prima dell’avvio dell’attività vera e propria.
A quell’appuntamento così importante si è però presentata, con una «giustificazione» inconfutabile, con quasi tre ore di ritardo. Lei, con altre tre persone, viaggiava nell’ultima carrozza e quindi ha sentito solo un fischio e una brusca frenata. Il treno, poi, si è fermato e per interminabili e silenziosi minuti non si è saputo nulla. Sporgendosi dal finestrino, e scendendo dal convoglio (le porte si erano aperte come parte del programma di sicurezza in caso di emergenza), i passeggeri si sono accorti della prima carrozza ormai fortemente inclinata all’interno del buio della galleria. Un giovane di Malonno ha allora chiamato i carabinieri con il suo cellulare. Sono passati altri minuti, finché non si è messa in moto la macchina dei soccorsi, con sanitari e vigili del fuoco che li hanno raggiunti lungo i binari e li hanno assistiti.
Da lì tutto è stato più veloce. Espletate le autorizzazioni, è stato chiesto ai passeggeri se volevano raggiungere a piedi, lungo i binari, la vicina stazione di Cedegolo, per proseguire il viaggio, o tornare indietro alla stazione di Demo e rientrare a casa. «Sul momento non c’è stato spazio per la paura – racconta Beatrice -, non sapevamo bene cosa fosse successo. Ora penso solo che siamo stati fortunati. Fortunatissimi, perché se la carrozza che si è ribaltata non fosse stata contenuta dalla galleria, potevamo essere trascinati sotto, nella scarpata. Non ci posso pensare. Ho iniziato il lavoro col botto, un po’ spaventata, ma domani si riprende tutto». Le speranze si rimettono in moto sulle rotaie, quindi, in un lungo incedere fatto di piccoli e grandi episodi da raccontare.
dal giornale online: giornaledibrescia.it – Valcamonica
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