La tragedia dell’Afghanistan arriva nel Bresciano. Con i visi degli uomini, delle donne e dei bambini che da domani, sabato, saranno ospitati nella base dell’esercito a Edolo, in via Porro. Un centinaio di richiedenti asilo politico, fuggito da Kabul grazie al corridoio umanitario alimentato dal ponte aereo italiano.

In Valcamonica con il carico di sofferenza, di rimpianti per il passato e di preoccupazioni per il futuro. Sono i cittadini a rischio di ritorsioni che hanno collaborato con il nostro contingente militare, con l’ambasciata e con l’Agenzia italiana per la cooperazione allo sviluppo dell’Afghanistan. Interpreti, autisti, inservienti, baristi con le famiglie al seguito.

Quarantena. Nella base logistico addestrativa di Edolo dovranno osservare la quarantena, assistiti dal personale della Croce Rossa. Nelle prossime settimane i bresciani potranno dimostrare in modo concreto la loro solidarietà verso questi profughi, che hanno dovuto abbandonare in fretta e furia case, beni, amici e certamente anche degli affetti. Il gruppo di afghani destinato alla trasferta di Edolo arriverà oggi all’aeroporto di Roma Fiumicino, dove sarà sottoposto al tampone per il Covid. I negativi potranno proseguire in pullman per Edolo. Nel ponte fra Roma e Kabul sono impegnati mille e cinquecento militari italiani e dodici aerei. La missione si chiama Aquila Omnia, proprio per rimarcare il ruolo dell’Aeronautica e la volontà di non lasciare nessuno indietro. Il gruppo «bresciano» è fra i primi in assoluto a essere portato in salvo. Nell’impresa, con i militari, collabora la Croce Rossa Italiana per gli aspetti sanitari e di assistenza. Croce Rossa. Il gruppo di Edolo sarà affidato alla Cri lombarda, che ha allertato medici, infermieri e volontari della delegazione bresciana. Un impegno gravoso, che il personale si prepara ad affrontare con la consueta competenza e generosità. In origine l’operazione Aquila Omnia, in previsione della vittoria talebana, prevedeva l’espatrio di 670 persone da attuare in alcuni mesi. La rapida evoluzione dei fatti ha modificato ogni cosa. La lista di chi vuole fuggire dall’Afghanistan si è allungata, comprendendo tante donne e tanti bambini. I nostri aerei C130 dell’Aeronautica militare partono da Kabul alla volta di Kuwait City. Sono velivoli adeguati alla situazione per le loro caratteristiche di autoprotezione e la rapida capacità di decollo. A Kuwait City i profughi vengono poi imbarcati sui Kc767.

Il Governo italiano ha annunciato il massimo sforzo per lo sgombero del personale (e relative famiglie) che ha collaborato nei lunghi anni della missione afghana. Alle difficoltà oggettive date dalla situazione si aggiunge il fatto che Herat, la città che ospitò il contingente militare italiano, è praticamente isolata dalla capitale Kabul. Dunque, c’è la possibilità concreta che non tutti possano raggiungere il nostro Paese. Dramma. Dagli schermi della televisione, dalle pagine dei giornali e da internet il dramma che sta vivendo l’Afghanistan irrompe nel nostro vissuto quotidiano di bresciani. Non più immagini, ma persone reali. Qualcosa di simile vivemmo all’epoca dei Boat People, nel 1979 e poi ancora nel 1988-1990, con l’arrivo dei profughi in fuga dal Vietnam comunista. Ci fu una gara di solidarietà per ospitare intere famiglie. Intanto, l’impegno è dell’esercito e della Croce Rossa, ma è facile prevedere che ci sarà bisogno anche del concorso più largo dei bresciani. Non ci possono essere polemiche o ritrosie di carattere politico. Gli afghani sfuggono a un regime in contrasto con i valori dell’Occidente. Attualmente nessun cittadino proveniente da quel Paese è inserito nel sistema di protezione per richiedenti asilo a Brescia, mentre in otto anni sono stati solo venti. Sono invece 68 i cittadini di origine afghana regolarmente residenti nella nostra provincia. Un popolo orgoglioso e sfortunato ci chiede aiuto. Brescia saprà rispondere.

dal giornale online: giornaledibrescia.it – Valcamonica
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