Nell’epoca in cui la tecnologia è fondamentale nelle indagini, i telefoni cellulari parlano. E se non lo fanno dicono comunque qualcosa. Come nel caso dell’inchiesta sulla scomparsa di Laura Ziliani, la donna di 55 anni, svanita nel nulla l’otto maggio scorso a Temù. Ex vigilessa nel paese dell’Alta Vallecamonica, poi dipendente comunale a Roncadelle, vedova dopo la morte del marito travolto da una slavina nel 2012 e grande amante della montagna.
Gli indagati. La Procura indaga per omicidio volontario e occultamento di cadavere e ha iscritto nel registro degli indagati due delle tre figlie della donna, che hanno 19 e 27 anni, e il fidanzato della maggiore. Ai tre nelle scorse settimane sono stati sequestrati i telefoni cellulari, per analizzare traffico telefonico e celle agganciate in quei giorni di inizio maggio.
Gli smartphone risulterebbero però poco utilizzati nel periodo finito sotto la lente di ingrandimento. Come se non fossero quelli gli apparecchi attivi due mesi fa. Da capire se effettivamente i cellulari sono stati cambiati o se semplicemente siano stati puliti attraverso app utilizzabili da chiunque e in qualsiasi momento. O ancora, se i dati recenti abbiano sovrascritto quelli più vecchi.
La scomparsa. Non avrebbe invece generato traffico dalla sera del 7 maggio -il giorno prima della scomparsa – il telefono di Laura Ziliani, ritrovato acceso, tra una panca e le scale della cantina dell’abitazione di via Ballardini a Temù, utilizzata dalla famiglia della donna come guardaroba e ripostiglio per le attrezzature da montagna. «Si ritiene plausibile – scrivono i carabinieri in una relazione agli atti – che possa essere stato perso inavvertitamente dalla Ziliani». Ma proprio in merito a questo cellulare gli inquirenti hanno registrato un’incongruenza nel racconto delle indagate. Una delle figlie ha detto di aver visto la madre utilizzare la mattina dell’otto maggio il telefonino. Che però risulta muto da ore prima. E dalla sera precedente non sarebbe mai uscito dalla casa di Temù. Il gps che non c’è. Non si trova invece l’orologio gps che la donna utilizzava sempre quando andava a camminare in montagna. Non è in casa e non è mai stato trovato dagli inquirenti. E non ha registrato alcuna attività nella mattinata dell’otto maggio. La tecnologia contribuisce ad infittire il mistero.
dal giornale online: giornaledibrescia.it – Valcamonica
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