“Sarà Dio a giudicare”. Così la mamma di Simona Simonini commenta la sentenza da parte del Gup Elena Stefana, del Tribunale di Brescia che questo mercoledì, in rito abbreviato, ha condannato a 20 anni di carcere, Elio Cadei, 47enne di Monticelli Brusati, accusato di avere ucciso, il 17 novembre 2015, la compagna 42enne di Provaglio, nell’appartamento in cui vivevano a Provaglio d’Iseo. Una sentenza che certamente non rende giustizia per la famiglia della vittima che si aspettava l’ergastolo come richiesto dal pm Carlo Milanesi. Al centro del dibattimento, la capacità di intendere e di volere di Cadei al momento del delitto al centro. L’imputato secondo la difesa era seminfermo di mente per via dell’intossicazione da un mix di alcol e droghe mentre per l’accusa era capace di intendere e volere e avrebbe qvolontariamente alterato il suo stato mentale durante una notte durante la quale il suo delirio si è trasformato in furia omicida. Così stabilì anche la perizia super partes. Il 46enne si era consegnato ai carabinieri di Iseo che la mattina seguente il delitto si erano presentati alla porta dell’abitazione di Via Regina Elena di Zurane di Provaglio. “Sono pronto ad andare in carcere, aveva detto”. In camera da letto, in una pozza di sangue, Simona Simonini, senza vita, uccisa a calci e pugni. Sul suo corpo, segni di botte, lesioni e asfissia. Elio Cadei si è sempre nascosto dietro ad un “non ricordo”. Tra lui, disoccupato con problemi di alcolismo e la donna, disoccupata e mamma di un bambino di 11 anni all’epoca della sua morte, c’era una relazione tormentata, finita nel peggiore del modi.

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