Come avevano annunciato i legali di Massimo Giuseppe Bossetti sono pronti a dare battaglia contro la sentenza di ergastolo del loro assistito. Lunedì 14 novembre Claudio Salvagni e Paolo Camporini depositeranno un atto di impugnazione in appello contro il verdetto della Corte d’Assise di Bergamo del primo luglio scorso, che aveva condannato il carpentiere di Mapello alla massima pena come autore del delitto di Yara Gambirasio. Nel ricorso sarà contestata la validità del Dna trovato sugli slip e sui leggins della 13enne scomparsa da Brembate Sopra il 26 novembre del 2010 e trovata uccisa esattamente tre mesi dopo in un campo a Chignolo d’Isola. Il processo d’appello di svolgerà davanti ai giudici del tribunale di Brescia, a partire dai primi mesi del prossimo anno. Punto principale sarà la contestazione della prova principe dell’accusa, l’identificazione del Dna di Bossetti sugli indumenti di Yara Gambirasio, chiedendo l’assoluzione dell’imputato che ha sempre respinto l’accusa. Appello, oltre tutto, che si unirà anche se con fini ben diversi a quello presentato un mese fa dal pm Letizia Ruggeri, che a sua volta ha impugnato la sentenza di primo grado nel punto in cui assolveva Bossetti dalla contestazione di calunnia contro il collega muratore Massimo Maggioni. Bossetti infatti durante alcuni interrogatori aveva cercato di indirizzare su Maggioni i sospetti degli inquirenti: accuse ritenute però del tutto infondate dai giudici, che per questo non hanno ritenuto sussistente la calunnia; il pm invece chiede ora alla Corte d’appello la condanna anche per quel reato. Il deposito dell’appello, chiariscono i legali di Bossetti, sarà fatto al Tribunale di Como, anche se la competenza poi del procedimento sarà quella della Corte d’assise d’appello di Brescia e verrà fatto con un giorno di tempo in più: la scadenza infatti sarebbe domenica, ma essendo giorno festivo slitta al giorno successivo. Sul contenuto per ora vige il massimo riserbo, anche se già nell’immediatezza del deposito delle motivazioni della sentenza emessa dalla Corte d’assise di Bergamo il primo luglio qualcosa era trapelato da parte dei difensori: «In questa sentenza non c’è alcuna disamina critica, non si è preferita una tesi smontando l’altra, si è preferita una tesi e basta – aveva commentato in particolare Salvagni –. Abbiamo sollevato dubbi (si riferisce alla mancata individuazione del Dna mitocondriale di Bossetti, ndr) a cui non è stata data risposta». Aveva puntualizzato anche da Antonella Bertoja con a latere Ilaria Sanesi, «si sono spinti ad affermare che il movente del delitto sarebbe di natura sessuale, quando non può che essere considerata solo un’ipotesi come tante altre. Vero che il movente, di fronte a un quadro probatorio chiaro, può anche non essere preso in considerazione, ma qui abbiamo un Dna dubbio e una serie di indizi privi di pregio. Questa sentenza fa acqua dappertutto».
dal giornale online: Più Valli TV
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