Marone, così come hanno fatto molti altri comuni, aveva fatto ricorso al Tar contro la decisione dell’Ufficio d’Ambito Provinciale di non riconoscere al paese lacustre, il collegato ambientale. Si tratta della possibilità data dalla legge di stabilità, ai comuni con determinate caratteristiche, di non affidare ad una società provinciale come il gestore unico Acque Bresciane gli impianti del ciclo idrico integrato, ma di continuare a gestirli da sé. Cosa che che anche una trentina di comuni della Valle Camonica vorrebbero fare e che dopo il pronunciamento del Tar nei confronti di Marone, possono sperare di vincere una piccola grande battaglia all’intero di una guerra, quella dell’acqua, che dura da anni. Il Tar infatti, nel caso di Marone, ha accolto il ricorso e l’ambito dovrà dare spiegazioni del perchè non abbia accolto la richiesta del Comune di continuare a gestire in forma autonoma acquedotti fognature e depuratori, attraverso la società partecipata Sebino Servizi. Il sindaco di Marone, Alessio Rinaldi, come altri sindaci valligiani, contestano il fatto che l’ambito non si sia preso la briga di approfondire, con verifiche tecniche, se i comuni avessero o meno i requisiti richiesti dal collegato ambientale, come fonti pregiate ed impianti già efficienti. Per questo molti comuni, sono più i 30 in Valle Camonica, si sono rivolti a Tar e Marone è il primo comune in provincia di Brescia ad avere avuto una risposta positiva, obbligando l’ambito a fare le dovute verifiche ed eventualmente, a condere a Marone la libertà di gestire in automia le sue acque, decidendo da sé bollette ed investimenti.

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