Benvenuto Morandi, condannato giovedi a 4 anni per truffa e furto aggravato,dovrà risarcire 10 milioni di euro a l’Intesa San Paolo spa e Intesa San Paolo Private Banking spa, la banca per cui lavorava. Il verdetto è arrivato nell’ambito di una causa che i due istituti avevano intentato contro l’ex direttore della filiale di Fiorano al Serio. La banca si riteneva danneggiata dai magheggi contabili di Morandi, non solo dal punto di vista morale (per questo tipo di danni il giudice penale Vito Di Vita ha riconosciuto a Intesa un risarcimento di 100 mila euro), ma anche da quello economico: perché non pochi investitori, dopo l’esplosione dello scandalo nell’estate 2013, avevano troncato i rapporti con i due istituti; perché l’Intesa aveva provveduto a risarcire alcuni investitori; e perché alla fine la filiale Private di Fiorano era stata chiusa. Sicché i due istituti avevano chiesto il sequestro dei beni di Morandi tramite un giudizio sommario. Curioso è il fatto che nel calcolo dei 10 milioni sono ricompresi anche i milioni che l’imprenditore seriano Gianfranco Gamba ha perduto, secondo la sua versione per investimenti compiuti da Morandi a sua insaputa. Soldi che, invece, giovedì il giudice penale non ha ritenuto oggetto di reato, assolvendo dal furto e dalle truffa – solo per i conti riconducibili a Gianfranco Gamba – l’ex direttore ed ex sindaco di Valbondione. Morandi non dispone di tale cifra, sicché il sequestro è andato a toccare le sue proprietà: l’abitazione di Valbondione, valutata un milione di euro, e alcune disponibilità finanziarie per mezzo milione di euro. La casa, intestata all’ex sindaco e nella quale continua ad abitare, risulta ora pignorata e verrà messa all’asta. Non sono stati intaccati, invece, il b&b della moglie e il ristorante del fratello in cui l’ex sindaco lavora come coadiuvante familiare. Per rendere effettivo il sequestro, Intesa ha dovuto iniziare il giudizio di merito: pena la decadenza del provvedimento dopo 30 giorni. E così, ha preso il via la seconda parte della causa, durante la quale il giudice del lavoro non ha ammesso altre prove.

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