E’ passato un mese esatto dalla morte di Gianna Del Gaudio, l’indagine sul suo omicidio sembra ruotare tutta attorno al coltello a serramanico trovato venerdì nel marsupio del marito Antonio Tizzani, ex capostazione di 68 anni indagato a piede libero nell’inchiesta sul delitto. Un coltello con una lama compatibile, secondo gli inquirenti, con la ferita alla gola che ha ucciso l’ex professoressa di 63 anni, anche se soltanto i rilievi dei carabinieri del Ris di Parma potranno confermare se si tratti o meno dell’arma del delitto. Esiti che dovrebbero fornire dettagli in più sulla dinamica e sugli spostamenti dell’assassino, indipendentemente da chi esso sia. Sabato Paolo Tizzani, il figlio di Antonio e Gianna che vive a una ventina di metri dai genitori, aveva dichiarato che il coltello a serramanico trovato dai carabinieri nella sua casa (dove dal giorno successivo al delitto si è trasferito anche il padre indagato) «era nel borsello che i carabinieri gli hanno sequestrato il primo giorno e poi restituito». Tuttavia gli inquirenti, a partire dal procuratore Walter Mapelli, hanno smentito questa circostanza, sottolineando che non risulta che l’arma fosse nel borsello di Tizzani durante il primo sequestro. Ma gli inquirenti adesso vanno oltre: non solo il coltello non era nel marsupio di Tizzani durante il primo controllo (il marsupio gli era stato in effetti restituito perché contenente anche i documenti personali), ma probabilmente – è l’ipotesi che trapela – lo stesso indagato lo aveva inizialmente nascosto da qualche parte, salvo poi collocarlo nel suo marsupio proprio facendo leva sul fatto che i carabinieri l’avessero già controllato.

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