Cinque anni e 4 mesi di reclusione: è la richiesta avanzata dal pubblico ministero Carmen Santoro nei confronti di Benvenuto Morandi, ex sindaco di Valbondione ed ex direttore della filiale Private Bank di Intesa San Paolo a Fiorano al Serio.
Morandi è finito a processo per truffa e furto, in quanto accusato di aver sottratto milioni di euro dai conti dell’imprenditore Gianfranco Gamba, della moglie Mariuccia Pezzoli e della figlia Simona.
L’ex primo cittadino sarebbe anche autore di presunte false rendicontazioni che sarebbero state propinate a decine di risparmiatori della valle. Una serie di operazioni artefatte, ben 51, per un totale di 24 milioni di euro: documentazione che ai clienti dell’Intesa San Paolo descrivevano una situazione personale diversa dalla realtà. Quando sono emerse le prime proteste, nel 2013, e in seguito alle prime verifiche Benvenuto Morandi era stato licenziato dalla filiale di Fiorano al Serio (della quale era direttore). In seguito si è dimesso da sindaco di Valbondione ed era stato radiato dall’albo dei promotori finanziari.
Ma come poteva accadere il tutto? Un risparmiatore consegnava all’ex direttore 100 mila euro, che, causa crollo delle borse, dopo un anno si riducevano alla metà. Quando il cliente chiedeva la situazione, Morandi gli faceva credere che sul conto aveva addirittura più soldi di quelli investiti (esempio 120 mila euro). «Facevo così – ha spiegato -, per non creare panico fra gli investitori e per non perderli. La gente si sarebbe spaventata e tanti avrebbero disinvestito subito andando incontro a grosse perdite. «Era una pratica comune a tutte le banche – ha confidato l’imputato -. Da noi girava una tabella excel su cui scrivere le cifre, foglio che era “esterno” al sistema centrale (e dunque su cui si potevano annotare somme che non per forza dovevano coincidere con quelle realmente presenti sul conto». Morandi ha giurato di non aver mai intascato un euro per sé e che il «buco» milionario è principalmente frutto dell’andamento dei mercati. In realtà, alcuni episodi indipendenti dal crack borsistico sono contestati e riguardano i rapporti di Morandi con l’imprenditore seriano Gianfranco Gamba, la cui famiglia lamenta un ammanco superiore ai 10 milioni di euro. L’imputato, assistito dagli avvocati Marialaura Andreucci e Angelo Capelli, ieri ha però voluto spiegare. Ha ammesso che i 160 mila euro per i lavori di ristrutturazione della sua baita e di quella del fratello sono stati attinti dal conto della famiglia Gamba. «Ma li ho presi a titolo di prestito (pur a insaputa dei titolari, ndr) e li avrei restituiti – ha raccontato -. Se avessi voluto farli sparire non avrei pagato le imprese edili con assegni circolari, e cioè tracciabili». Morandi ha spiegato che, almeno fino allo scandalo del 2013, godeva dell’illimitata fiducia di Gamba: movimentava per lui decine di milioni di euro, ha ricordato l’imputato, senza che mai ci fosse stata una lamentela.
Prossima udienza il 29 settembre. Parola alle difese, poi la sentenza.

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