A due mesi dalla sentenza che lo ha condannato al carcere a vita per il delitto di Yara Gambirasio, Massimo Giuseppe Bossetti rimane convinto della propria innocenza ed è sicuro di poterla dimostrare al processo d’Appello.Dopo un periodo iniziale di scoramento a seguito di quel primo luglio in cui la Corte d’Assise presieduta dal giudice Antonella Bertoja ha decretato il suo egastolo, il carpentiere 45enne di Mapello è tornato combattivo come lo è stato dal giorno del suo arresto, il 16 giugno 2014. Lo conferma uno dei suoi avvocati, Claudio Salvagni, che insieme a Paolo Camporini lo ha assistito nel corso del lungo procedimento, durato un anno.“Ho avuto modo di incontrarlo in carcere un paio di settimane fa – confida Salvagni – . E finalmente ho ritrovato il Massimo che conoscevo, determinato e agguerrito nel voler dimostrare la propria estraneità al delitto di Yara. La batosta della sentenza di ergastolo è stata pesante, come comprensibile che sia, ma dopo alcune settimane con il morale a terra ora è tornato quello di prima: sereno e tranquillo perchè consapevole di essere innocente. Riceve come sempre ogni settimana la visita della moglie, spesso con i figli, e questo lo aiuta ad andare avanti”. Anche l’avvocato Salvagni è già pronto a dare battaglia nel processo di secondo grado: “Come avevamo annunciato, ricorreremo in Appello. Stiamo solo aspettando le motivazioni della sentenza del giudice, che dovrebbero essere rese note entro novanta giorni dalla lettura della sentenza. Sperando che non succeda come per il caso di Sarah Scazzi ad Avetrana, per il quale sono arrivate ben tredici mesi dopo”. Una seconda fase del procedimento che sarà celebrato al tribunale di Brescia e che durerà molto meno di quello di primo grado, con una quarantina di udienze dal via del 3 luglio 2015. Un anno di deposizioni in Aula, in cui non sono mancati i colpi di scena e i momenti di tensione tra i legali del carpentiere e il pubblico ministero Letizia Ruggeri. Bossetti è rimasto convinto della sua estraneità fino alla fine. Quasi sempre freddo, a tratti rilassato e sorridente, a parte quando l’avvocato Andrea Pezzotta, uno dei legali della famiglia Gambirasio insieme a Enrico Pelillo, nel corso della sua requisitoria lo ha richiamato e guardandolo negli occhi gli ha detto: “Confessi quello che sappiamo che ha commesso, starà meglio lei e toglierà un peso ai genitori di Yara”. Solo qualche istante di tentennamento per il 45enne, che poi però nell’udienza finale aveva implorato la Corte: “Sarò uno stupido, sarò un cretino, sarò un ignorantone, ma non sono un assassino. Ripetete l’esame del Dna, se mi condannerete sarà il più grave errore del secolo”.
dal giornale online: Più Valli TV
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