Incastrato dal DNA a distanza di 7 anni. Mattia Zambetti, 27enne di Spinone al Lago figlio del “Ragno” è già in carcere a Prato per una rapina commessa in Slovenia nel 2011, ma ora è accusato di un’altra rapina commessa nel 2009 alla Cassa di Risparmio di Vipiteno. Allora il rapinatore era fuggito a bordo di una moto rubata, ritrovata dai carabinieri poco dopo insieme ad un paio di guanti, un passamontagna ed una parrucca. I RIS di Parma si erano messi al lavoro ma il DNA trovato non corrispondeva a quello di nessun pregiudicato. Questo fino a quando Zambetti non è stato arrestato insieme al complice Eugenia Russo di Monasterolo, per il maxi colpo messo a segno in Slovena ai danni di una banca per un bottino di più di 250 mila euro. La loro fuga era durata poco: vennero arrestati in Slovenia e poi trasferiti in carcere in Italia nel 2013. Per questo la giustizia è stata lenta. Solo dopo alcuni anni il DNA del 27enne bergamasco è finito quindi nella banca dati degli inquirenti che hanno potuto così dare un volto all’autore di quella rapina di Vipiteno che era rimasta senza un colpevole. Sia dal carcere in Slovenia che da quello di Prato, Zambetti ha tentato la fuga, ma è sempre stato intercettato e bloccato. Al momento del suo trasferimento in Italia per Zambetti sono scattate anche altre accuse: associazione a delinquere finalizzata all’usura, all’estorsione e alle rapine ad imprenditori edili della bergamasca e del bresciano. Accuse che avevano già portato in carcere il padre, conosciuto come il Ragno, condannato 12 anni di carcere. Il figlio del Ragno insieme alla banda soprannominata dell’usura in Valcavallina, è accusato anche di tentato sequestro ai danni di un imprenditore di Gongorzola e della rapina in Villa ad Albino nel 2010 quando tre uomini incappucciati e armati di pistola puntarono la pistola alla tempia della moglie di Caldara strappandole anche di braccio il figlioletto di 18 mesi. Alla fine la banda si allontana con circa 20 mila euro in preziosi ma viene incastrata delle intercettazioni dei carabinieri di Monza, che stavano indagando sull’omicidio di Giovanni Ghilardi, socio storico del «ragno», ucciso a colpi di pistola e trovato morto in un’auto a Gessate.

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