Obiettivo: trovare entro un anno soluzioni alternative per i lavoratori e pensare ad una possibile riconversione dello stabilimento di Ceto con nuovi investitori e nuovi progetti e mantenere quindi gli attuali livelli occupazionali. Forse è solo un sogno, ma per lo meno ora c’è dell’altro tempo per trovare soluzioni alternative, c’è tempo un anno per salvare 72 posti di lavoro, quelli degli ultimi occupati alla NK di Ceto. Gli operai sono rimasti senza lavoro dopo che la Albini di Bergamo non ha rinnovato le commesse alla manifattura camuna e i proprietari hanno deciso di chiudere, nonostante le proteste dei lavoratori, gli scioperi, i presidi, l’intervento delle istituzioni. Sembrava fosse tutto finito, e invece si apre uno spiraglio, raggiunto dopo l’incontro in AIB di questo lunedì e ratificato poi in regione. Intanto i lavoratori si faranno 12 mesi di cassa integrazione straordinaria per cessata attività, poi nel gennaio 2017 verranno licenziati e potranno godere della Naspi, quella che un tempo era la disoccupazione. Questo l’accordo raggiunto che le organizzazioni sindacali presenteranno ai lavoratori durante le assemblee che sono state programmate questo giovedì a partire dalle 16. Si tratta, ovviamente, di una soluzione tampone, dopo che l’azienda, nonostante si siano mosse le istituzioni, nonostante gli scioperi e le proteste dei lavoratori, ha deciso di cessare l’attività in seguito al venire meno delle commesse della Albini. Rimane comunque aperto l’obiettivo che in un anno si possano trovare soluzioni alternative e magari si possa pensare anche una riconversione industriale dello stabilimento. Per fare questo è chiaro che ci deve essere un fronte comune e la volontà politica, oltre che industriale di fare questo. E’ sotto gli occhi di tutti, infatti, la fine della Franzoni Filati di Esine per non parlare di altre situazioni che hanno riguardato il tessile camuno e non solo che ormai è al collasso. All’incontro di ieri erano presenti Femca, Filctem, azienda e Aib. La decisione della Albini di non rinnovare le commesse a Ceto, è arriva qualche mese fa come una doccia fredda sui lavoratori che circa un anno fa, dopo l’ultima riduzione di personale, da 100 a una settantina, erano stati rassicurati circa il futuro dell’impresa e quindi del loro posto di lavoro. Qualche settimana fa è di nuovo esploso tutto. La Albini che non conferma le commesse, l’azienda che dice: chiudiamo. Immediatamente, appresa la notizia, c’è stata una mobilitazione generale delle organizzazioni sindacali, dei lavoratori, il coinvolgimento delle istituzioni, dal parlamento alla regione alla comunità montana ai comuni ma con poche prospettive, stante la situazione. L’accordo di questo lunedì ridà un po’ di fiato e qualche mese per trovare altre soluzioni. Una soddisfazione a metà, ovviamente, per le organizzazioni sindacali e per i lavoratori sui che se non ci saranno politiche serie in merito, sono destinati a restare senza lavoro.
dal giornale online: Più Valli TV – News
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