Non è così facile, anzi. Unire diverse società in un unico soggetto, ovvero il Gestore Unico chiamato a gestire il servizio idrico per i prossimi 30 anni per tutti i 206 comuni dell’intera provincia di Brescia, è un progetto complicato. La provincia ha gettato da tempo le basi per rispettare i termini previsti dallo Sblocca Italia che impone di arrivare alla definizione di tale gestore unico entro il 30 settembre. Una scadenza che se non verrà rispettata porterà un commissario regionale, per portare a gara europea il servizio. Ed acquedotti e fognature potrebbero anche finire in mano ad una multinazionale straniera. Mancano dunque pochi giorni e la Provincia, già messa in mora da parte della Regione per via dei ritardi, è alle prese con alcune difficoltà. Il progetto è quello di formare una nuova società formata al 60 per cento dalle utilities completamente pubbliche (Aob2, Garda Uno, Asvt e Società Idrica Valle CAmonica) e al 40 per cento da una società privata, A2A ciclo idrico. C’è però un particolare da sistemare: l’aggregazione fra società pubbliche e società quotate in borsa e misto pubblico e private, come A2A, per l’affidamento dei servizi pubblici come la gestione delle acque, deve passare attraverso una gara d’appalto. Su questo nodo si è concentrato l’incontro che si è svolto in Regione Lombardia su richiesta della Provincia e alla presenza di una delegazione del comune di Brescia a cominciare dal sindaco Del Bono che aveva sottolineato alcune perplessità, confermate dall’assessorato regionale all’ambiente, proprio sul fatto che l’aggregazione di società quotate e pubbliche, in assenza di gara, appare elusiva delle norme di legge che disciplinano la concorrenza nell’affidamento dei servizi pubblici locali. La provincia ha quindi chiesto alla Regione un’assistenza giuridica per arrivare ad una formulazione corretta del Gestore Unico ed evitare di incorrere in possibili ricorsi. Il Presidente Maroni ha accolto la richiesta di un ulteriore approfondimento, teso a rafforzare un posizione unitaria del territorio bresciano. La Conferenza dei Sindaci prima e il consiglio provinciale poi (convocato lo scorso 23 settembre, quindi entro la scadenza), dovrà sancire la nascita di una nuova società mista pubblico e privata che vista la sua solidità, potrebbe chiedere alla Banca europea (Bei) e alla Cassa depositi, prestiti da oltre 100 milioni per quegli investimenti necessari a fare (e rifare) i depuratori mancanti ed a sostituire le vecchie reti acquedottistiche. Gli investimenti serviranno ad evitare una maxi sanzione dell’Unione Europea (160 milioni l’anno) per la mancata depurazione di quasi un terzo del suo territorio.
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