Il procuratore generale di Brescia Pier Luigi Maria Dell’Osso nell’audizione davanti alla commissione parlamentare d’inchiesta sulle sulle attività legate al ciclo dei rifiuti sulla ex-Selca di Berzo Demo, fallita nel febbraio 2010 e di cui i dirigenti sono coinvolti in un processo penale per presunto trasferimento illecito di rifiuti pericolosi, ha dichiarato e messo a verbale che ci sarebbero stati contatti con criminali. Dell’Osso dice che la criminalità organizzata sarebbe una costante per il settore dei rifiuti, con camion che ogni giorno raggiungono Brescia. Dagli anni ’60 al 2000 quattro aziende hanno smaltito i rifiuti nel sito industriale, compresa la stessa Selca che aveva avuto le autorizzazioni dall’Arpa e Regione Lombardia, nonostante, secondo il Pg, avesse poca competenza. Nella sua attività vendeva anche rifiuti tossici da usare come combustibili a varie acciaierie riversando nell’ambiente diversi inquinanti. Nel 2009 era arrivata da un’azienda australiana una commessa da 23 mila tonnellate di rifiuti tossici che poi l’impresa non era riuscita a smaltire perché fallita. E su quello si è aperto un procedimento penale. I dirigenti devono affrontare tre processi, di cui l’ultimo legato proprio al mancato smaltimento. Secondo il procuratore aggiunto Sandro Raimondi che conduce l’inchiesta, potrebbero essere molti di più i rifiuti non trattati. Dal punto di vista ambientale si parla di possibili legami tra le acque sotterranee inquinate e la presenza dei rifiuti sotto piogge e umidità, senza alcuna protezione. Sono stati messi a disposizione del curatore fallimentare, che risulta indagato nel processo, 9 milioni di euro per la bonifica, ma sono rimasti inutilizzati. E il dubbio, sostenuto dallo stesso procuratore generale Dell’Osso, è che tra i creditori dell’azienda ci sia qualcuno legato alla criminalità. Ora nella vicenda è coinvolto anche il curatore fallimentare Giacomo Ducoli, la cui iscrizione nel registro degli indagati compare nei verbali della Procura di Brescia depositati pochi giorni fa in seguito alle audizioni della commissione parlamentare di inchiesta contro i reati legati ai rifiuti. Il curatore, come ha specificato il procuratore aggiunto Sandro Raimondi che conduce l’inchiesta, è indagato per disastro ambientale. L’accusa formulata contro Ducoli è quella di non aver usato i 9 milioni di euro rimasti dal fallimento della società per la bonifica. In realtà, la procura ha sottolineato che il processo non è uno, ma sono tre per più indagati. Si parla di bancarotta fraudolenta verso i vecchi amministratori, poi contro i consiglieri di amministrazione e infine proprio verso il curatore che avrebbe dovuto gestire l’attività durante la fase fallimentare. Giacomo Ducoli ha presentato più volte ricorso al Tar e Consiglio di Stato sulla vicenda della bonifica, ma i ricorsi non gli hanno dato ragione. In virtù della nuova legge sugli Ecoreati può rischiare sei anni di carcere e 100 mila euro di multa.
dal giornale online: Più Valli TV – News
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