Dall’Africa alla montagna, a tempo indeterminato. E’ un po’ quello che era avvenuto a Montecampione tempo fa quando una novantina di profughi si era ribellata all’isolamento e alla noia. Anche a Lizzola questo giovedì è successo lo stesso: una trentina di profughi, un terzo di quelli alloggiati da mesi nelle strutture dell’albergo Gioan, quasi tutti pakistani con qualche senegalese, ha protestato pacificamente tra Lizzola e Valbondione. I richiedenti asilo politico non hanno idea di quanto durerà ancora la loro permanenza, l’iter per sapere se saranno dichiarati veramente rifugiati politici è ancora lungo e da mesi sono in attesa, si sentono in isolamento e la noia dilaga. Una situazione che mette in luce, come era successo in Valle Camonica, l’inadeguatezza del sistema: le Prefetture continuano a trovare, su richiesta dello Stato, delle sistemazioni in alberghi che per 35 euro al giorno a profugo, danno la loro disponibilità ad accogliere richiedenti asilo politico che poi, dopo i controlli sanitari e l’avvio dell’iter per la definizione del loro status, vengono praticamente dimenticati dallo Stato. Sono i comuni, il volontariato, le cooperative a dover farsi carico del problema di come occupare il loro tempo, di come attivare percorsi di integrazione, di come evitare disordini e ribellioni.  Con cartelli in inglese i profughi a Lizzola questo giovedì sono scesi per strada e hanno chiesto alla Commissione territoriale di definire al più presto il loro status e hanno chiesto di cambiare sistemazione, di andare in città. Sul posto sono intervenuti i carabinieri delle stazioni di Clusone e Ardesio e la polizia locale di Valbondione per monitorare la situazione. Con loro anche rappresentanti della Cooperativa Ruah che hanno dialogato con i profughi e li hanno invitati a desistere. Verso le 15 i profughi si sono così incamminati a piedi ancora verso Lizzola dove rimarranno chissà per quanto tempo a spese dello Stato che offre 35 euro a testa per ogni profugo. 

dal giornale online: Più Valli TV – News
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