Mentre si moltiplicano le iniziative sul territorio per sensibilizzare l’opinione pubblica al tema dei rifiuti industriali nei terreni sui quali si sono svolte negli anni le attività produttive, soprattutto di natura siderurgica pesante con i suoi derivati, continuano sul piano delle indagini le ispezioni da parte di tecnici nominati dal tribunale per le indagini ambientali nell’area dove Selca ha operato fino al giugno 2010. Da quella data, infatti, dopo la dichiarazione di fallimento, nell’area non si sono più registrate attività di sorta, mentre all’interno e sui piazzali sono rimate tonnellate di rifiuti industriali che Selca aveva acquistato per trasformarle in rifiuti inerti e scorie da smaltire. Il curatore fallimentare procedeva alla disdetta delle utenze e di fatto quindi anche il depuratore interno delle acque di scarico ha smesso di funzionare. Da quel momento l’Amministrazione comunale di Berzo Demo ha chiesto a più riprese, e sempre in forma ufficiale, a chi aveva in custodia la grande area industriale di procedere a riavviare il depuratore, di presentare un piano per la messa in sicurezza dell’area con i rifiuti stoccati all’esterno dei piazzali, di indicare un piano di bonifica dell’area stessa. Il comune stava già procedendo infatti ad analoga operazione con la collina nella quale erano stati stoccati i rifiuti della Union Carbide, arrivando con una procedura condivisa dagli enti preposti alla messa in sicurezza della collina alle spalle dell’area Selca. Nel marzo 2014 il Sindaco di Berzo Demo Corrado Scolari aveva emesso un’ordinanza che imponeva a Selca, entro 60 giorni, di procedere alla messa in sicurezza dell’area: contro l’ordinanza c’era stato un ricorso al Tar da parte del curatore fallimentare, ma il Tar aveva dato ragione al comune di Berzo Demo. Nel frattempo anche l’onorevole camuno Davide Caprini in un’interpellanza al Ministro dell’ambiente otteneva garanzie per la massima attenzione sull’area. L’Unione Europea rispondeva all’interpellanza dell’eurodeputato loverese Marco Zanni che “chi inquina paga” e dunque tocca a Selca pagare, visto anche il tesoretto di circa 10 milioni di euro derivante dalla vendita di macchinari e strumenti di Selca da parte del curatore. La Provincia nel marzo 2015 ha emesso una delibera ai sensi dell’art 244 TU ambientale che individua i responsabili dell’inquinamento e ordina la messa in sicurezza ed il ripristino del sito industriale. La Provincia di Brescia si era costituita subito parte civile nel processo penale per traffico illecito di rifiuti pericolosi, a seguito di indagini avviate già nel 2004. Anche Regione Lombardia ha fatto lo stesso. Il 5 giugno è fissata la data del processo.
dal giornale online: Più Valli TV – News
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