Gli imprenditori dell’Ilva commissariata si sentono soli davanti allo Stato. Lo Stato in due anni di commissariamento ha ridotto il più grande polo siderurgico europeo, in stato di insolvenza e in amministrazione straordinaria con la conseguente possibile perdita di centinaia di posti di lavoro. E’ intervenuto il Governo approvando la legge salva Ilva, che ha trovato le risorse per provvedere a tutti quei pagamenti urgenti ed imminenti per garantire la sopravvivenza e la continuità produttiva dello stabilimento di Taranto. Tutto risolto quindi secondo qualcuno. Peccato che invece, moltissime piccole e medie imprese siano state messa in ginocchio perché non hanno ricevuto il pagamento per il lavoro fatto nei due anni antecedenti al gennaio 2015 quando Ilva è stata messa in amministrazione straordinaria. Hanno speso di tasca propria molte risorse per pagare comunque i dipendenti e per continuare a svolgere i lavori commissariati da Ilva, pena una penale. Vantano crediti per milioni di euro e non sanno quando potranno riscuoterli, poiché tutto è finito nel calderone della gestione fallimentare, dove quindi bisogna stare ai tempi e alle decisioni della Magistratura. In Parlamento a fare battaglia è stato il deputato camuno della Lega Nord Davide Caparini che aveva incontrato a Roma una delegazione di imprenditori bresciani e bergamaschi che si chiedevano come fosse possibile che proprio lo Stato avesse messo gli imprenditori nella condizione di dover chiudere. Anche la consigliera regionale camuna del Carroccio Donatella Martinazzoli ha portato la questione in consiglio regionale chiedendo sostegno all’indotto dell’Ilva commissariata. Dopo la battaglia di Confindustria a livello nazionale, anche le associazioni imprenditoriali locali stanno prendendo posizione sul tema. In questi giorni a cercare di fare il punto sul tema è stata l’AIB, l Associazione Industriale Bresciana, che ha cercato di capire a quanto ammontano i crediti vantati dalle imprese bresciane (associate e non ad Aib) nei confronti del gruppo Ilva e delle sue controllate e ha cercato di capire quanto questa incertezza nei pagamenti stia pesando sui loro bilanci. I dati sono quelli già ampiamente discussi: complessivamente Brescia vanta circa la metà dei 60 milioni di euro che le imprese lombarde ancora devono incassare dal gruppo siderurgico in amministrazione straordinaria dal 21 gennaio. Coordinato dal direttore di Aib David Vannozzi, l’incontro era volto a raccogliere la maggior quantità possibile di informazioni sui crediti che interessano nella sola provincia di Brescia – ad oggi – oltre una trentina di imprese che vanno ad aggiungersi alle 45 della Lombardia. A conclusione della giornata di lavoro è stata stata raccolta la disponibilità delle imprese a condividere un’azione di sistema finalizzata alla più ampia tutela delle posizioni crediitizie. Nuovi incontri verranno calendarizzati nelle prossime settimane. Nel frattempo agli imprenditori, non resta altro che aspettare e nel frattempo, cercare di sopravvivere.
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