Il Triduo di preghiere per i fedeli defunti appartiene ad un’antica tradizione cristiano-cattolica diffusa nel nord Italia dopo le terribili pestilenze del seicento. Rogno, plebania storica della Vallecamonica, celebra questa ricorrenza con particolare solennità. La tradizione del Triduo dei morti prevede anche la figura di un predicatore esterno che guida la comunità su un tema sviluppato nei tre giorni di preghiera. C’è poi il grande apparato scenografico: la macchina del triduo, ma anche cori e corali, musiche e suoni, incensi e luci dove tutto concorre alla solennità della celebrazione. Particolarmente bella e solenne la funzione di chiusura di questa domenica dei Santi patroni della chiesa bresciana Faustino e Giovita, dove la Chiesa plebana di S. Stefano di Rogno è tornata a risplendere della sua antica grandezza. Il primo documento ufficiale sulla celebrazione dei Tridui dei Morti in Vallecamonica risale al 1630, anno in cui una terribile pestilenza si abbatté sulla valle. Nacque da qui l’idea di celebrare i tridui, e venne fatta solenne promessa di dedicare ogni anno, nel periodo invernale, tre giorni di raccoglimento, di preghiera e di meditazione con queste intenzioni: ricordare i defunti, suffragare le loro anime e partecipare ad una breve missione. La particolare solennità della celebrazione imponeva un addobbo speciale nell’abside della chiesa.

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