L’unica prova scientifica che incastra Massimo Bossetti è quella del DNA. Nel luglio scorso i genetisti hanno fatto centro trovando finalmente, dopo migliaia di comparazioni, un profilo genetico, quello appunto del carpentiere di Mapello, che combaciava con quel prezioso campione nelle loro mani trovato sui leggins e sugli slip di Yara. Altri indizi poi hanno rafforzato il quadro accusatorio: la polvere bianca, come quella da muratore, respirata dalla 13enne di Brembate, il telefono di Bossetti che si spegne quella sera, i percorsi di Bossetti per Brembate con il suo furgone ripresi dalla telecamere. Tutti fatti che la difesa ha ricondotto alla sfera delle coincidenze annunciando di voler mettere in discussione anche la prova del DNA che ha portato in carcere il 42enne padre di due figli. L’assise alla difesa lo fornisce un dettaglio della relazione del ricercatore Carlo Previderè, consulente del pm Letizia Ruggeri, che affermerebbe che il DNA mitocondriale di Ognoto 1 non corrisponderebbe al Dna mitocondriale di Massimo Bossetti. Lo stesso consulente, confrontando la componente invece nucleare dei due DNA, avrebbe però concluso che corrispondono ed è per questo che Bossetti è stato arrestato.  Un vero e proprio rebus insomma, che gli esperti e i genetisti dovranno spiegare durante il processo. Da una parte c’è la difesa di Bossetti che parla di prova del DNA compromessa e di contraddizione negli accertamenti genetici e che ora avanza l’ipotesi che il DNA mitocondriale appartiene ad un’altra persona che non è il muratore di Mapello.

SECONDO GLI ESPERTI LA PROVA E’ CERTA
L’avvocato Claudio Salvagni presenterà quindi nuova istanza di scarcerazione. Dall’altra parte c’è l’accusa che ribadisce che sugli indumenti intimi di Yara c’è comunque il Dna nucleare (più identificativo) di Bossetti. Quindi, se anche ci fosse una seconda persona – è la tesi degli inquirenti – questa non escluderebbe l’arrestato dalla scena del crimine. Inoltre il dna di «Ignoto 1» è stato analizzato con lo stesso responso dai Ris di Parma, dallo stesso professor Carlo Previderè, dall’équipe della professoressa Cristina Cattaneo dell’Istituto di medicina legale dell’Università di Milano e dagli esperti di bioinformatica e genomica traslazionale dell’ospedale San Raffaele di Milano. Secondo i genetisti il dna mitocondriale può essersi degradato e possono essere rimaste più tracce di quello della vittima e non del suo assassino e quindi non ci sarebbe nulla di strano. A questo punto quindi il quadro scientifico si complica e diventa materia dei soli esperti e la sfera delle ipotesi invade anche il campo scientifico e nuovi dubbi vanno a minare alla base il pilastro dell’inchiesta basato proprio sull’unica prova che appariva inconfutabile, fino a qualche giorno fa.

dal giornale online: Più Valli TV – News
Leggi tutto: http://ift.tt/1HdI8cX

Rispondi